“Nuova capitale del cibo”, questa è la definizione che il Fortune, nota rivista economica americana, dà della mia Modena. E non solo, anche l’inglese Daily Mail ha celebrato di recente le nostre eccellenze. Ovviamente tutto ciò mi fa molto piacere, anche se penso che quanto sia unico il territorio in cui vivo e speciali le sue tradizioni enogastronomiche sia abbastanza assodato (almeno per me 😉 Certo che se questa consapevolezza si diffonde e arriva anche oltre confine non può che essere un motivo di grande orgoglio per tutti! Ecco, allora, che mi sembrava doveroso dedicare un lungo articolo (vi avverto) – ma completo e con tanti suggerimenti di letture utili e consigli per lo shopping – alle eccellenze da non perdere se venite in visita in città. Di seguito, quindi, vi do qualche consiglio su cosa mangiare a Modena.
Un territorio, tante eccellenze
Modena è la provincia italiana più ricca di prodotti DOP e IGP. Il territorio della sua provincia, infatti, è caratterizzato da numerose produzioni agroalimentari che hanno ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine.
A questo link potete trovare una bella mappa che mostra le DOP e IGP dell’Emilia Romagna così da avere il quadro della situazione. Per facilitarvi la lettura, la prendo in prestito e ve la riporto di seguito, ma ovviamente vi consiglio di documentarvi direttamente dalla fonte.
Ciascuno di questi prodotti ha alle spalle un Consorzio, nato dall’aggregazione delle imprese produttrici, che si occupa della loro tutela e promozione, ma non solo: esiste anche un progetto globale di valorizzazione del territorio attraverso i suoi prodotti agroalimentari dal nome Piacere Modena.
Inoltre, alcune produzioni gastronomiche tipiche, che sono a tutti gli effetti dei veri e propri patrimoni del nostro territorio ma che non hanno ancora ricevuto il riconoscimento della D.O., sono tutelate dalla Camera di Commercio attraverso il marchio registrato “Tradizione e sapori di Modena”.
Cosa mangiare a Modena: tutte le eccellenze di cui vado matta
Ho provato a fare mente locale sulle eccellenze che amo di più e ne ho individuate 20 di cui vorrei parlarvi. Il numero è abbastanza elevato, ma credetemi, è stato comunque necessario fare una scelta perché, come dicevo, i prodotti di cui varrebbe la pena parlare non sono finiti qui. Ecco allora i miei consigli su cosa mangiare a Modena.
1) Le crescentine (tigelle) di Modena
Le crescentine (in gergo “tigelle”) sono un tipo di pane molto speciale originario dell’Appennino Modenese. Per la cultura popolare rappresentano molto di più di un piatto tipico: da sempre nel DNA delle persone del luogo, le crescentine, insieme al gnocco fritto, sono la preparazione tipica dei momenti conviviali.
L’impasto è a base di farina, lievito secco, acqua, sale e un pizzico di zucchero, anche se, come spesso accade, si possono trovare delle varianti a seconda delle diverse ricette famigliari.
La perenne diatriba sul loro nome (crescentine o tigelle) nasce dal modo in cui, in passato, erano preparate. Le tigelle sono, infatti, i dischi di pietra refrattaria o di terracotta, in cui veniva schiacciato e cotto l’impasto che assumeva così la tipica forma rotonda.
Le tigelle oggi sono specialità immancabili nei menù tradizionali delle trattorie locali dove sono proposte come secondo piatto o piatto unico, spesso insieme al gnocco fritto.
Se vi ho ingolosito e volete conoscere tutto su questa prelibatezza vi consiglio di leggere l’articolo scritto dalla mia amica food blogger “Gonzi” che contiene anche la ricetta per provare a prepararle.
Nei tempi recenti, le crescentine sono diventate uno “cibo di strada” molto diffuso in città ma non solo: oltre a essere sempre presenti agli eventi e alle sagre locali, negli ultimi anni sono nate numerose “tigellerie” o “crescenterie”, catene di ristorazione veloce, che hanno fatto della crescentina il proprio cavallo di battaglia.
Per conoscere di più sulle crescentine, vi consiglio un bel volume “I discepoli della tigella rovente” in cui si decretano anche i migliori locali dove gustare queste specialità in città:
2) Il gnocco fritto
Anche il gnocco fritto (rigorosamente con l’articolo “il”- che dalle nostre parti non è un errore, anzi suonerebbe strano chiamarlo diversamente) rappresenta un modo di essere di noi modenesi: sedersi a un tavolo in compagnia durante un pranzo o una cena a base di questa golosità è un momento di socializzazione molto speciale, ve lo garantisco!
Storico sostituto del pane, il gnocco fritto è una preparazione diffusa in realtà un po’ in tutta l’Emilia anche se con nomi diversi e alcune varianti a seconda della città: a Bologna si chiama crescentina, a Parma torta fritta e a Ferrara pinzino.
Il gnocco fritto è una pasta fritta, dalla forma comunemente rettangolare (a volte circolare), fatta sostanzialmente di: farina, acqua e sale. Anche se esiste una ricetta originale, le varianti sono sempre tante e possono dipendere da diversi fattori, come il gusto personale, le tradizioni famigliari e i segreti in cucina delle nostre rezdore.
Della mia passione per il gnocco fritto ve ne avevo già parlato raccontandovi passo a passo come lo si prepara da sempre a casa mia.
Comunemente servito durante il pasto con affettati misti (io lo adoro con i ciccioli o la pancetta) e formaggi, a fine pasto lo si farcisce anche con marmellata o lo si può mangiare il mattino intinto nel caffè latte o nel cappuccino, per una perfetta colazione in stile modenese!
Anche qui esiste un bel volume per approfondire:
3) I tortellini di Modena
Beh, chi non conosce i tortellini? Forse in pochi 😉 Tipico piatto delle festività, consumato però tutto l’anno, i tortellini sono una pasta all’uovo ripiena la cui origine è da sempre contesa tra Modena e Bologna.
Anche se nulla è certo, il paese più accreditato per la paternità del tortellino è Castelfranco Emilia, comune situato sulla via Emilia che dal 1929 è in provincia di Modena, dove oggi, annualmente, in settembre si tiene la Festa di San Nicola e Sagra del Tortellino Tradizionale, dedicata a questa specialità. Sulla loro origine, poi, esistono varie leggende. La più accreditata, narra di un oste di Castelfranco Emilia, proprietario della locanda Corona, che, spiando dal buco della serratura una dama sua ospite, rimase così colpito dalla bellezza del suo ombelico da volerne riprodurne la forma con la sfoglia.
Anche se come sempre possono esistere numerosi varianti, per il tortellino di Castelfranco Emilia c’è una ricetta che ne sancisce gli ingredienti ufficiali.
Vi avevo raccontato in un articolo a me molto caro (perché parla anche della mia nonna, che nel frattempo è venuta a mancare) la preparazione di casa mia. Se vi va di leggerlo, ne sarei felice 🙂
La tradizione li vuole rigorosamente serviti in brodo, ma devo essere sincera: sono ottimi anche alla panna 🙂
Se volete approfondire la storia, le origini e le buone pratiche legate ai tortellini ecco qualche testo sul tema:
4) Il borlengo di Guiglia
Un altro prodotto tipico e molto goloso, anch’esso tutelato dal marchio “Tradizione e Sapori di Modena” è il borlengo di Guiglia, una cialda friabilissima dalla forma rotonda ottenuta da un impasto liquido (“la colla”) fatto di acqua, farina e sale (talvolta uova). Piegato in 4, è farcito tradizionalmente con la “cunza”, famoso pesto modenese (un battuto di lardo, aglio e rosmarino), e un’abbondante spolverata di Parmigiano Reggiano grattugiato.
I borlenghi sono un piatto antico, tipico della zona collinare e montana della provincia di Modena, originario dei comuni della valle del fiume Panaro: Vignola, Marano, Savignano e Zocca, dove c’è perfino un museo a lui dedicato, fino ad arrivare in Appennino. Per questo motivo è molto più probabile trovarlo nei ristoranti tradizionali di queste province o durante le sagre, come quella di Guiglia di fine maggio, piuttosto che a Modena città.
Ho scritto un articolo di approfondimento sul tema, se vi va di saperne di più su questa golosa specialità cliccate qui sotto:
Nel caso in cui i miei racconti vi abbiano appassionato e vogliate sapere tutto sulla tradizione del borlengo, ecco un volume che non può proprio mancare nella vostra libreria 🙂
5) L‘aceto balsamico di Modena
L’Aceto Balsamico è un condimento antico e molto speciale che ha conquistato le tavole e le cucine di tutto il mondo. È il nostro “oro nero”, il vero ambasciatore di Modena nel mondo.
Forse non tutti hanno chiaro, però, che esistono due tipi di aceto balsamico: l’Aceto Balsamico di Modena IGP e l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP. Ciò che li rende diversi sono: il metodo di produzione, la zona e le materie prime usate.
Il primo, forse più diffuso e conosciuto, è prodotto tra le province di Modena e Reggio Emilia e realizzato con una miscela di mosto cotto d’uva, aceto di vino e aceto vecchio (almeno 10 anni). Acetificato in diversi modi, viene affinato minimo 60 giorni (se supera i 3 anni lo si chiama “Invecchiato”) e chi lo tutela è il Consorzio Aceto Balsamico di Modena IGP.
Il secondo, invece, è un prodotto artigianale unico e molto pregiato. Tutte le fasi della sua produzione avvengono nel territorio modenese, molto favorevole per il microclima. Ottenuto solo da mosto cotto d’uva maturato naturalmente per lenta acetificazione e invecchiato anni, viene travasato periodicamente, in una serie di batterie di botti di legno diverso a volumi decrescenti, senza aggiunta di nessun aroma. Dopo minimo 12 anni per l’affinato e 25 per l’extravecchio, è valutato dagli assaggiatori e, solo se approvato, è imbottigliato nella caratteristica bottiglia di Giugiaro in vetro da 100 ml, come indica il Disciplinare di Produzione, con sigillo numerato per garantirne l’autenticità. La sua produzione è tramandata di padre in figlio e la tradizione vuole che per ogni nascita sia avviata una nuova batteria di aceto. A tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP c’è il Consorzio del Balsamico Tradizionale e per conoscerne tutti i segreti si può visitare il Museo del Balsamico Tradizionale Spilamberto, come vi avevo già raccontato in quest’articolo:
Anche in questo caso, ho dei libri interessanti da consigliarvi:
Di seguito, invece, vi lascio qualche link per lo shopping online di un buon aceto balsamico 😉
Tra i DOP:
Tra gli IGP:
6) Il Lambrusco
Un altro simbolo della convivialità emiliana, il Lambrusco è un vino conosciuto in tutto il mondo ma soprattutto, cosa ben più importante, è bevuto e apprezzato ogni giorno da secoli dagli abitanti della sua terra.
Dalle caratteristiche organolettiche uniche (è rosso e frizzante allo stesso tempo), il Lambrusco è un vino autoctono, giovane, vivace, con acidità e tannini moderati, profumo fruttato, spuma leggera e contenuto di alcool moderato. Schietto e genuino, è il ritratto del territorio, orgoglio dei produttori e una delle basi dell’economia emiliana.
A seconda delle varietà di uva e dal territorio di provenienza si ottengono diverse DOC e IGT. A Modena le DOC sono 4: Sorbara, Grasparossa di Castelvetro, Salamino di Santa Croce e Lambrusco di Modena.
Perfetto in abbinamento coi piatti della nostra tradizione emiliana, il Lambrusco è un vino versatile, dall’anima moderna. A tutela di questo prodotto incredibile c’è il Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi e il Consorzio di Tutela del Lambrusco di Modena mentre se volete leggere di più su questo rosso così spumeggiante vi consiglio il bel blog a lui dedicato.
Inutile dirvi che il Lambrusco è il mio vino preferito, vero? 😉
Sempre per aiutarvi a riempire il vostro carrello della spesa con alcuni prodotti che io amo, ecco qualche consiglio frizzante 😉
7) Il bensone di Nonantola
Il bensone (“belsòn” in dialetto) è un dolce secco, dall’origine antica, molto semplice e tra i più tipici di Modena. Semplice perché preparato, in accordo con la ricetta originale, con ingredienti comuni: farina, uova, burro, latte e miele, sostituito con lo zucchero dopo la sua scoperta.
La tradizione lo vuole vuoto, ossia senza farciture, anche se oggi lo si trova ripieno di marmellata, spesso quella di amarene brusche di Modena, nutella o yogurt. Viene servito a fine pasto per intingerlo in un buon bicchiere di Lambrusco Grasparossa ma più spesso lo si mangia a colazione (come faccio io) o a merenda.
8) Il Parmigiano Reggiano DOP
Il Parmigiano Reggiano DOP è un prodotto unico, profondamente legato al territorio. La sua storia è antica e nobile: risale al Medioevo quando i monaci iniziarono a produrre un formaggio in grado di conservarsi nel tempo e, quindi, di essere trasportato lontano. Nei secoli la sua tecnica di produzione, del tutto naturale, è rimasta invariata così come gli ingredienti che sono 3: latte, sale e caglio.
Oggi, un rigido Disciplinare definisce i parametri della DOP: uno su tutti la zona d’origine che deve essere compresa tra le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova alla destra del fiume Po e Bologna alla sinistra del fiume Reno. Tutte le lavorazioni avvengono qui. A questo, poi, si aggiungono precisi standard produttivi che devono essere seguiti per poter ottenere questa eccellenza.
Notoriamente definito il re dei formaggi, il Parmigiano Reggiano è estremamente versatile ed è diventato uno degli ingredienti principali di molte preparazioni tradizionali (come ad esempio i tortellini), ma non solo.
Di tutte questo e di molto altro ho scritto in un articolo dedicato.
9) Il cotechino di Modena IGP
Il cotechino, insieme allo zampone, è un’eccellenza modenese principe delle tavole delle feste. Entrambi hanno una storia molto antica in parte legata a una leggenda: sembra che siano stati gli abitanti di Mirandola, una cittadina della bassa modenese, che, sotto assedio decisero di insaccare le carni macinate dei maiali per non cederli agli invasori all’interno della cotenna e nelle zampe.
Preparato oggi secondo la ricetta di un tempo, il cotechino, ha ottenuto la certificazione IGP che ne garantisce provenienza, tradizioni e caratteristiche. Il procedimento da cui si ottiene è la macinatura delle parti nobili e della cotenna del maiale, insaporite con spezie ed erbe, cui segue l’insaccaggio nei budelli.
Durante le festività natalizie viene servito accompagnato da lenticchie, fagioloni e purè di patate ma spesso lo si trova nei menù dei ristoranti tradizionali tutto l’anno. Io lo adoro e vi confesso che nemmeno il grande caldo estivo mi scoraggia dall’ordinarlo! 😉
10) Lo zampone di Modena IGP
Considerato, insieme al cotechino, padre di tutti gli insaccati con cotenna, lo zampone ha una storia molto simile a quella precedente con la differenza che la carne macinata del maiale è stata in origine conservata nell’involucro ottenuto dalla pelle delle zampe anteriori conferendogli così una forma unica e originale che nel tempo ne ha fatto la sua fortuna.
Anche lo zampone è un prodotto IGP ottenuto da carni di suino selezionate, macinate e unite alla cotenna, poi aromatizzate con spezie e altro come pepe, noce moscata, cannella, chiodi di garofano e vino.
Come il cotechino, infine, il suo consumo è molto legato alle festività natalizie in quanto la tradizione contadina prevedeva di sacrificare il maiale a dicembre dopo Santa Lucia, ma, a differenza del primo, è sempre stato considerato un prodotto più pregiato, presente nei secoli sulle tavole dei nobili.
Oggi zampone e cotechino sono tutelati e valorizzati dal Consorzio Zampone e Cotechino di Modena IGP sul cui sito potete trovare diversi approfondimenti.
11) Il prosciutto di Modena DOP
Altra grande eccellenza del nostro territorio, che forse non tutti conoscono è il prosciutto di Modena DOP che, come ogni prodotto che ha conseguito la denominazione di origine, ha un rigido disciplinare di produzione.
Questa prelibatezza risale addirittura al tempo degli Etruschi che abitavano le zone da cui questo prodotto ha origine: le colline e le valli situate intorno al fiume Panaro (dalla fascia pedemontana non sopra i 900 metri di altitudine, comprendendo anche alcuni comuni delle province di Bologna e Reggio Emilia).
Ottenuto esclusivamente da cosce di suini nati e allevati in Italia, il prosciutto di Modena DOP, ha una stagionatura complessiva di almeno 14 mesi, dopo la quale è pronto a ricevere il marchio di tutela, garanzia di controllo e qualità. Dal colore rosso acceso, dal profumo dolce e intenso e dal gusto saporito ma non salato, il nostro prosciutto, prodotto senza l’utilizzo di additivi e conservanti, è un alimento sano e nutriente.
Anche il prosciutto di Modena DOP ha ovviamente un consorzio di tutela sul sito del quale è possibile saperne di più.
12) Il salame di San Felice
Finisco la mia selezione di salumi e insaccati, con una vera chicca, una specialità molto gustosa e pregiata: il salame di San Felice.
Originario dei territori dei comuni della bassa (Camposanto, Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Finale Emilia, Medolla, Mirandola, San Felice sul Panaro, San Possidonio e San Prospero), terre d’acqua e nebbie ideali per la conservazione del prodotto, questo salame ha un elevato contenuto di proteine oltre a caratteristiche organolettiche uniche come un tipico sapore dolce, un profumo invitante, una morbidezza speciale.
Per la sua preparazione sono utilizzate carni selezionate che provengono della “mezzena” del maiale, una parte magra, macinate con il grasso, salate a secco, messe in concia con sale, pepe, aglio e Lambrusco e, infine insaccate nei budelli dello stesso animale.
Tagliato a fette larghe e rigorosamente oblique, è da gustare accompagnato da una bella fetta di pane o insieme al tradizionale gnocco fritto.
13) I maccheroni al pettine delle valli mirandolesi
I maccheroni al pettine delle valli mirandolesi sono un particolare tipo di pasta all’uovo di forma diversa rispetto ai maccheroni generici o ai garganelli. Più precisamente, questo tipo di pasta non ha le due punte alle estremità poiché il procedimento per ottenerli prevede che la pasta sia arrotolata seguendo il lato, anziché la diagonale, ottenendo così la tradizionale forma a cilindro.
La loro nascita è legata alla lavorazione della canapa che avveniva in passato nelle case contadine. Il pettine da sempre utilizzato per dare la forma tipica è, infatti, lo strumento di legno che serviva per tenere distanziati i fili nei telai.
Per ottenere, così, i maccheroni al pettine, si taglia in quadrati la pasta sfoglia e li si avvolge su di un bastoncino in legno, fatto successivamente ruotare sul “pettine” con la pressione del palmo della mano. In questo modo si crea la rigatura trasversale della pasta e la saldatura dei lembi.
Serviti tradizionalmente con svariati tipi di ragù (ad esempio coniglio, galletto, piccione, lepre e anatra), i maccheroni al pettine si possono gustare nei ristoranti tipici della zona o alle manifestazioni ed eventi locali. A tal proposito vi segnalo che ogni anno si tiene a Mirandola Il Palio del Pettine, una bella manifestazione-gara che li vede protagonisti.
14) La ciliegia di Vignola IGP
Tra le specialità di frutta, non posso non mettere al primo posto le golosissime ciliegie di Vignola, un prodotto IGP coltivato nell’area pedemontana del bacino del fiume Panaro, tra Modena e Bologna.
La capitale della loro produzione è Vignola, una vivace cittadina, che dal 1930 ha iniziato a dedicarsi con metodo alla produzione di questo frutto raggiungendo così alti standard qualitativi e quantitativi.
Oggi, i frutteti sono numerosi e visitare queste zone in primavera, durante la fioritura è un’esperienza unica (per me è sempre un appuntamento fotografico incredibile di cui vi avevo già parlato).
Oltre a essere bellissima, la fioritura è un’occasione importante per la cittadina di Vignola tanto da essere festeggiata con diverse manifestazioni folcloristiche e carri allegorici.
La raccolta delle ciliegie, che avviene rigorosamente a mano, invece inizia tra 15 e il 20 maggio con le varietà precoci e finisce tra il 10 e 15 luglio con quelle tardive. Le varietà sono diverse: ci sono le “tenerine”, a polpa tenera, e i “duroni”, con polpa soda. Unica tenerina del comprensorio è la Mora di Vignola (ciliegia moretta), una varietà autoctona non molto grande ma estremamente succosa, cui viene dedicato un festival in giugno.
Come sempre, per saperne di più, ecco link il sito del Consorzio della Ciliegia di Vignola.
15) Mirtillo nero dell’Appennino Modenese
Il Mirtillo nero dell’Appennino Modenese, esclusivamente della specie Vacciniummyrtillus L., che cresce allo stato spontaneo sulle nostre montagne, è un prodotto dalle innumerevoli proprietà. Può essere usato in cucina, ma anche in ambito cosmetico e se assunto regolarmente può contribuire alla prevenzione di varie malattie nonché al mantenimento di condizione di salute positive.
Si può consumare fresco, ma anche impiegare in diverse preparazioni in cucina come le confetture, gli sciroppi, i succhi e i liquori. Insomma, è un prodotto genuino, molto buono, che fa bene!
16) Sfogliata di Finale Emilia (Torta degli Ebrei)
Nata nella prima metà del ‘600 nella comunità ebraica di Finale Emilia e giunta fino a noi in una versione rivisitata del 1860 circa, la sfogliata di Finale Emilia, detta anche Torta degli Ebrei, è una torta salata artigianale fatta di vari strati di pasta sovrapposti.
L’impasto di base è composto da: farina, acqua, sale, strutto di maiale, Parmigiano-Reggiano e burro. Solitamente è consumata nella stagione fredda, va servita calda e tradizionalmente accompagnata da un bicchierino di anicione.
17) Il croccante artigianale del Frignano
Salvaguardato dal marchio “Tradizioni e sapori di Modena”, il croccante artigianale del Frignano è tra i più conosciuti croccanti italiani. Diverse sono le piccole aziende artigiane del territorio nel Frignano che ancora oggi producono il croccante a mano rispettando la ricetta tradizionale che prevede che lo zucchero sia caramellato a 180 gradi e, ancora caldo, amalgamato alle mandorle pelate e tritate nella stessa quantità, poi, livellato col matterello e modellato nelle forma desiderata (tradizionalmente cilindrica o a barrette, ma se ne possono trovare anche di molto artistiche).
La leggenda della nascita di questa prelibatezza narra che sia stato un pasticcere del governatore dell’antica provincia del Frignano a insegnare come si preparava il croccante a un cuoco della corte del ducato estense, che in seguito tramandò ricetta e la tradizione ai suoi figli. Negli archivi storici si trovano notizie fin dal 1700-1800 relative al suo consumo che solitamente avveniva per occasioni speciali come nascite e matrimoni. Da allora, questo dolce è sempre stato il protagonista delle tavole delle feste nei comuni dell’ex Comunità Montana del Frignano.
Oggi, in città lo potete trovare in qualche pasticceria oppure durante le sagre più importanti come quella del nostro patrono, San Geminiano, il 31 gennaio.
18) Gli amaretti di Modena
Sempre sotto la tutela del marchio “Tradizioni e sapori di Modena”, c’è un altro dolce tipico, dalla storia antica: gli amaretti di Modena, a base di mandorle, dalla forma rotonda e leggermente bombata, morbidi ed estremamente golosi, oltre che semplicissimi da preparare.
La loro storia risale a minimo 200 anni fa e si posiziona a Spilamberto. Prima specialità tipica famigliare (ecco perché come sempre la ricetta prevede delle varianti) diventa un dolce prodotto a livello commerciale verso la metà dell’800. Uno dei primi che lo commercializzò fu l’azienda storica modenese Fini chiamandoli “amarelli”.
Gli ingredienti principali sono 3: mandorle, zucchero o miele e albume (montato a neve). Dal caratteristico sapore dolce-amaro, dal profumo di mandorle e zucchero e dal cuore morbidissimo, gli amaretti sono tradizionalmente proposti a fine pasto ma sono ottimi anche come merenda.
19) Il nocino di Modena
Il nocino di Modena è un liquore antico ottenuto dall’infusione delle noci. Diffuso, in realtà, un po’ in tutto il nord Europa, a Modena è diventata una specialità della tradizione, oggi tutelata e promossa dall’Ordine del Nocino Modenese che ne custodisce la ricetta originale.
Per la sua preparazione occorrono:
- 1 litro di alcool a 95 gradi
- 1 -1,2 kg di zucchero
- 1 -1,2 kg di noci (più o meno a 33-35 noci ma sempre in numero dispari, raccolte localmente il 24 giugno, la notte di S. Giovanni)
- chiodi di garofano e cannella (facoltativi e a piccoli dosi)
A raccolta avvenuta, le noci, ancora immature e quindi provviste del “mallo” (la polpa o massa fibrosa che avvolge il frutto) vengono tagliate in 4 e chiuse insieme allo zucchero in un contenitore di solo vetro, da conservare al sole per 1-2 giorni, mescolando ogni tanto e aggiungendo alcool ed eventuali aromi. Passato questo periodo, devono trascorrere 60 giorni prima di poter filtrare il contenuto. Nell’attesa, il contenitore deve essere tenuto in una zona parzialmente esposta al sole, a volte aperto e mescolato.
Dopo averlo filtrato, il prodotto, è pronto per essere messo in bottiglia (di vetro scuro) o in botticelle di legno. È qui che il nocino sarà conservato per un minimo di 12 mesi in modo da ottenere un liquore dal colore bruno brillante, con un profumo e un sapore predominante di noce, moderata densità e dolcezza e un grado alcolico equilibrato.
Se volete scoprire tutto su questa specialità vi consiglio di partecipare a Nocinopoli, un bell’evento dedicato al nocino, appunto, che si tiene tutti gli anni a inizio giugno a Spilamberto.
Di seguito vi segnalo anche un libro interessante sul nocino:
20) Sassolino di Modena
Il Sassolino di Modena è un liquore a base di anice stellato tipico della mia terra. Dal gusto piacevole e aroma delicato, è perfetto come digestivo, da solo o per accompagnare il caffè, ma è anche utilizzato moltissimo nella preparazione dei dolci.
Il Sassolino deve il suo nome alla città in cui è stato creato: Sassuolo. La bibliografia colloca l’origine della sua lavorazione nel 1804 a opera di alcuni speziali svizzeri. Fu, però, grazie ai cadetti dell’Accademia Militare di Modena, provenienti da tutta Italia, che trascorrevano a Sassuolo il campo estivo, che il Sassolino diventò famoso anche fuori dai confini locali.
Sembra incredibile ma la provincia di Modena, come vi dicevo è piena di specialità da gustare.
Al momento mi fermo a 20 ma vi garantisco che il tema sarà da approfondire 😉
Intanto, mi pare un buon inizio per il vostro tour gastronomico alla scoperta di cosa mangiare a Modena. Fatemi sapere nei commenti cosa vi è piaciuto di più!
2 Comments
Articolo scritto col cuore
Grazie!