Quando sento parlare di borlenghi mi si illuminano gli occhi, lo so. Adoro questo piatto! Forse sarà perché a differenza delle crescentine (tigelle) e del gnocco fritto le occasioni per mangiarlo a Modena città non sono poi così tante ma per me il borlengo rimane l’apoteosi della golosità 🙂 Quando vado in un ristorante tradizionale dove si trova “la fantastica triade” (tigelle, gnocco e borlenghi) non mi metto certo a scegliere! 😉
Di seguito, allora, vi racconto qualcosa di più su questo piatto dalle origini collinari e montanare che tanto amiamo anche in città.
Che cosa è e dove nasce
Definita da Wikipedia una “specie di crêpe molto sottile e croccante”, il borlengo è una cialda estremamente friabile dalla forma rotonda ottenuta da un impasto liquido, “la colla”, fatto di ingredienti semplici: acqua, farina, sale e talvolta uova, piegata in 4 e riempita tradizionalmente con “la cunza”, un battuto di lardo, aglio e rosmarino, cui si aggiunge di una mega spolverata di Parmigiano Reggiano, o, nella sue varianti più moderne, anche con nutella e marmellata.
Tipico cibo povero, la sua origine è estremamente antica. I primi documenti che ne parlano risalgono al 1266, ma qualcuno pensa che la sua nascita sia da datare addirittura nel Neolitico.
Il borlengo è un piatto tipico, un grande orgoglio della zona collinare e montana della provincia di Modena tanto che a Zocca, località oggi nota grazie a Vasco Rossi che ha casa qui, ha sede il Museo del Borlengo e la Compagnia della cunza, l’associazione per la cultura e la conservazione della tradizione del borlengo.
[ps. quando penso a Zocca è inevitabile associarla al mito di Vasco Rossi che qualche anno fa ha realizzato a Modena un evento record che rimarrà nella storia della città: Modena Park. Io c’ero e ho scritto qui il mio racconto]
È Guiglia uno dei borghi centrali della sua zona di produzione, compresa tra i comuni della valle del fiume Panaro: Vignola, Marano, Savignano e Zocca. Anche in Appennino, però, si trovano i borlenghi ma da queste parti è allo stesso modo diffusa una loro variante, i ciacci, preparati con farina di castagne.
Oggi, il Borlengo di Guiglia fa parte di quell’elenco di prodotti e preparazioni che la Camera di Commercio di Modena valorizza e tutela con il marchio “Tradizione e Sapori di Modena”.
Il borlengo tra storia e leggende
Il nome borlengo (burláng o burleng in dialetto) dovrebbe provenire dalla parola “burla” e diverse sono le leggende legate alla sua storia. Le più folcloristiche raccontano appunto di “burle” o frodi. Delle prime fa parte la leggenda di Montobraro che narra di un signorotto locale che si prese gioco degli amici invitandoli a pranzo con la promessa di un lauto banchetto ma gli offrì “soltanto” questo piatto, mentre nelle seconde rientra il racconto di Zocca dove un bottegaio vendeva pane e focacce, allungando l’impasto con acqua.
Della vera storia dei borlenghi se ne ha, però, traccia nel XIII secolo, quando a Guiglia, assediata dai guelfi modenesi, per resistere alla scarsità di cibo e di ingredienti si iniziarono a preparare grandi ostie fatte di sola farina e acqua e insaporite con erbe che diventavano sempre più sottili man mano le provviste scarseggiavano, assumendo così la nomea di “burle”.
Il borlengo: l’arte della sua cottura
Se la ricetta del borlengo è piuttosto facile (come abbiamo visto gli ingredienti si contano sulle dita di una mano), è più complicata la sua cottura che necessita di una piastra di ferro, detta “sole” o “ruola”, di circa 28–30 cm di diametro, senza bordo e con un manico più lungo del normale che viene scaldata su un normale fornello, una volta unta tradizionalmente con cotenna di prosciutto o con mezza patata e olio di semi.
Preparare, quindi, un borlengo in casa non è facilissimo, anzi, devo dire che, per quanto ne so io, non ho conosciuto nessuno che ne ha consuetudine. Solitamente, quindi, questa golosa specialità locale si mangia direttamente in alcuni ristoranti tradizionali situati nelle zone di origine del piatto o alle sagre di paese.
Per saperne di più sul borlengo e sulla preparazione vi invito a leggere il Disciplinare di Produzione, pubblicato sul sito della pro-loco di Guiglia.
La Confraternita del Gnocco d’Oro ha condotto un’accurata indagine su dove andare a degustare ottimi borlenghi e da qui è nato un volume molto interessante dal titolo “La disfida del borlengo” che è possibile acquistare anche su Amazon.
Vi ricordate del racconto della mia gita fuori porta al parco fluviale di Marano sul Panaro? Terminavo la mia giornata a cena in una trattoria tipica a Vignola. Ecco, se vi va di scoprire dove vi lascio qui il link all’articolo 🙂
Infine, per quanto riguarda invece le sagre, posso dirvi che a fine maggio solitamente si tiene a Guiglia la tradizionale sagra del borlengo. Assolutamente da visitare! Se, invece, capitate in città per La Bonissima, solitamente in ottobre, ne potrete assaggiare uno all’ombra della Ghirlandina (come ho fatto io!).
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