Le tigelle sono uno stato mentale, sono uno stile di vita, sono nel DNA degli emiliani ma soprattutto dei modenesi. Ecco perché.
Tigelle (in realtà crescentine): il nome e la storia
Partiamo dal nome.
In zone diverse si possono chiamare tigelle o crescentine (di solito verso Bologna e verso l’Appennino) ma a Modena di norma si chiamano tigelle, anche se il vero nome è crescentina e vi spiegherò perché.
Per farvi capire, vi racconto un minimo di storia. Anche se magari negli anni avete visto in giro diverse tigellerie, le avete provate e vi sono piaciute (non lo metto in dubbio!) vi faccio fare un passo indietro per farvi capire perché è uno stile di vita e da dove arrivano.
Le tigelle in passato erano un cibo contadino, povero, nato in campagna dopo le giornate di lavoro nei campi. Si preparavano con ingredienti semplici (l’impasto con farina lievito acqua e sale – una semplice pasta del pane lievitata) e poi si cuocevano all’interno di due dischi i pietra caldi, che schiacciando la pallina di pasta creavano appunto la forma di un dischetto alto 2 cm. I dischi di pietra si chiamavano appunto tigelle, ecco da dove deriva il nome di questa preparazione. Questi dischi, fatti in pietra refrattaria il più delle volte o in terracotta, avevano una decorazione intagliata, il fiore della vita: un simbolo ritenuto sacro, oltre che sulla tigella in pietra, in Italia si trova anche in basiliche, cripte, facciate di chiese. È una stella a sei raggi, per alcuni è un fiore di rinascita e prosperità.
Si cuocevano impilando le tigelle già calde bollenti dal camino, una sopra all’altra con la pasta in mezzo a foglie di castagno o noce per non far attaccare l’impasto alla pietra. Il passaggio successivo era tagliarle a metà davanti al camino e imbottirle con il re dell’Emilia, il maiale. Qui trova ampio spazio con tutti i suoi salumi e con il pesto di pancetta, aglio, rosmarino e Parmigiano-Reggiano, la vera essenza della tigella.
Oppure altre varianti sono ancora oggi con il coniglio in umido o alla cacciatora: le tigelle vengono riempite con il sugo oppure mangiate come accompagnamento. Ecco quindi da dove nasce il nome crescentina, una pasta cresciuta e cotta all’interno delle tigelle in pietra.
Ma come si preparano in casa? La ricetta delle crescentine
Gli ingredienti sono semplici:
- 500 gr di farina
- 1 bustina di lievito secco
- 1 bicchiere di acqua* a temperatura ambienti (verifica la consistenza piano piano mentre impasti)
- un pizzico di zucchero
- 2 pizzichi di sale
* (le varianti sono latte al posto dell’acqua, panna etc) ma io preferisco l’acqua.
La preparazione:
Versa la farina in una ciotola, aggiungi il sale, lo zucchero e il lievito. Mescola tutto e inizia a versare l’acqua, inizia ad amalgamare l’impasto fino a quando non ottieni un impasto morbido non liquido, sodo che rimane leggermente appiccicato alle mani. Fallo riposare per almeno un paio d’ore, coperto con una pellicola e in un posto riparato, non vicino correnti d’aria. Io di solito lo metto nel forno spento.
Una volta lievitato ci sono due tecniche: quella di stendere tutta la pasta alta mezzo centimetro e formare dei dischi con il bicchiere e quella di fare delle micro palline (io utilizzo questa) e stendere con il mattarello ogni singola crescentina. Trovo che siano più vere.
Per la cottura le soluzioni oggi sono diverse, non più i dischi di pietra nel camino ( 😉 )ma tigelliere elettriche o piastre in ghisa per il fornello da girare da ambo le parti.
Una volta cotte il gioco è fatto, basta avere sulla tavola: salame, prosciutto, mortadella, pancetta, lardo battuto o pesto, Parmigiano-Reggiano, stracchino, pinzimonio. Le tigelle si accompagnano poi rigorosamente con un vino mosso, in questo caso Lambrusco.
Quello che vi porterà sulla vostra tavola o nel locale dove le andrete a mangiare sarà: gioia, divertimento, scambio e collaborazione.
Eh si! Non ci credete? Provatele in un locale modenese e poi ne riparliamo 🙂
Ecco perché credo che la tigella sia uno stile di vita, uno stato mentale.
Noi modenesi, siamo abituati a mangiare insieme, passarci l’affettato, mangiare con le mani (non ci vogliono coltello e forchetta) e riempire le tigelle in maniera abbondante. Ne facciamo sempre di più di quelle che servono perché amiamo che i nostri ospiti stiano bene a tavola.
Se volete saperne di più sulle crescentine, vi consiglio un bel volume realizzato dalla Confraterinta del Gnocco d'Oro in cui si decretano anche i migliori locali dove poter gustare queste specialità a Modena e provincia.
La ricetta delle tigelle è anche su Steller:
1 Comment
È la prima volta che qualcuno rispetta la vera ricetta della crescente del Frignano, e si, le imitazioni con aggiunta di olio abbondante o strutto, che sono difficili da digerire non le compatisco.
La mia famiglia ha sempre vissuto a Pavullo e come tutti i frignanesi manteniamo una tradizione, la Crescentina.
La ricetta è giusta, talvolta si preferisce scegliere l’acqua gassata per velocizzare la lievitazione, ma sono dettagli, del resto è tutto corretto.
E accontentiamoci delle crescenti che le tigelle sono dure da mangiare.